10 maggio 1957, Londra: nasce John Simon Ritchie, meglio conosciuto come Sid Vicious. Il suo nome è legato indissolubilmente ai Sex Pistols, la band che negli anni ’70 ha scosso le fondamenta del rock britannico. La sua parabola, breve e incendiaria, ne ha fatto un simbolo estremo del punk rock: un’esplosione di rabbia, autodistruzione e stile ribelle che ancora oggi fa discutere.
Sid entra nei Sex Pistols nel 1977, sostituendo il bassista Glen Matlock. Non era un virtuoso dello strumento – anzi, la sua incapacità tecnica è leggendaria – ma portava con sé un carisma grezzo e una presenza scenica magnetica. Capelli a spillo, giacca di pelle, catene e sguardo perso nel vuoto: Sid era il punk fatto persona.
Con Sid Vicious il punk diventa estetica radicale e filosofia esistenziale. Un rifiuto totale delle regole, della società, persino dell’autoconservazione. I Sex Pistols – con Johnny Rotten alla voce e Malcolm McLaren come manager – erano una bomba mediatica, e Sid ne era la miccia. Il suo nome stesso era un’ironia: “Vicious” come il criceto del suo amico John Lydon, che mordeva tutti.
La storia d’amore tra Sid e Nancy Spungen, una groupie americana tossicodipendente, è tragica quanto celebre. I due vivono un’escalation di droga, violenza e alienazione. Il 12 ottobre 1978, Nancy viene trovata morta accoltellata nella stanza 100 del Chelsea Hotel di New York. Sid è arrestato per omicidio, ma morirà di overdose di eroina pochi mesi dopo, il 2 febbraio 1979, prima di affrontare il processo.
A soli 21 anni Sid Vicious diventa leggenda postuma. Non per la sua musica – pochi i brani registrati realmente da lui – ma per ciò che ha rappresentato: il punk come gesto estremo, come no future, come urlo disperato in un’Inghilterra in crisi.
Nel 1978 incide una delle sue poche registrazioni soliste: la cover brutale di My Way di Frank Sinatra, trasformata in un atto di guerra musicale. Un addio ironico e feroce alla vita borghese che aveva tanto disprezzato.
Sid Vicious è ancora oggi un’icona controversa. Per alcuni un eroe maledetto, per altri un simbolo di autodistruzione inutile. Ma nessuno può negare che il suo passaggio sulla scena abbia segnato un’epoca. Il punk non sarebbe stato lo stesso senza di lui.
“Sid non era una rockstar. Era un personaggio tragico. Un ragazzo fragile travolto da un ruolo troppo grande.”
— John Lydon (Johnny Rotten)
🟡 Autore: Antonio Sacco
🟡 Categoria: Storia della Musica, Controcultura
🟡 Fonte consigliata: Britannica.com – Sex Pistols official – Punk Magazine Archives