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di Antonio Sacco

Nata l’8 luglio 1593 a Roma, Artemisia Gentileschi non fu solo figlia d’arte, ma pioniera di un destino impensabile per le donne del suo tempo. Figlia di Orazio Gentileschi, noto pittore caravaggesco, crebbe tra pennelli e tele, respirando l’odore dell’olio e della trementina nello studio paterno.

Ma Artemisia non era destinata a rimanere nell’ombra di un uomo. A soli 17 anni realizzò Susanna e i vecchioni (1610), anticipando un tema che avrebbe caratterizzato tutta la sua carriera: la forza femminile contro la violenza e l’oppressione maschile. In un’epoca in cui le donne non potevano nemmeno studiare pittura dal vero, lei rappresentava corpi femminili con una potenza e una verità anatomica sconosciute ai colleghi uomini.

Il 1611 fu l’anno più doloroso: subì la violenza del pittore Agostino Tassi, amico del padre, un trauma che la segnò profondamente. Il processo per stupro che ne seguì divenne pubblico, umiliante, crudele: Artemisia fu sottoposta anche alla tortura delle corde per verificare la sua verità. “È vero, è vero, è vero,” ripeteva, mentre i lacci le straziavano le dita, quelle stesse mani che dipingevano la luce.

Ma da quell’orrore nacque una delle pittrici più potenti del Barocco. Le sue Giuditta che decapita Oloferne sono esplosioni di realismo, sangue e rivalsa. Giuditta non è una delicata eroina biblica: nelle sue tele diventa donna di carne, con lo sguardo fiero e implacabile di Artemisia stessa.

Curiosità:
🎨 Nel 1616 fu la prima donna ammessa all’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, un primato storico.
🎨 Lavorò per le corti di Firenze, Roma, Napoli e Londra, conquistando committenti prestigiosi.
🎨 Firmava i suoi quadri con orgoglio: “Artemisia Lomi Gentileschi, pittrice romana”, rivendicando il suo essere donna e artista.

Artemisia morì dopo il 1653 a Napoli. La sua arte è rinata negli ultimi decenni come simbolo di resilienza femminile. Oggi i suoi quadri campeggiano nei più grandi musei del mondo, e la sua vita ispira romanzi, film e saggi femministi. Perché Artemisia è la donna che trasformò la violenza subita in forza creativa, e il Barocco non fu mai più lo stesso.

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