di Antonio Sacco
George Michael non si è mai messo comodo nel mondo.
Ci è entrato a testa alta, con l’eleganza di chi sa di non dover chiedere il permesso per essere.
Nato il 25 giugno 1963, Georgios Kyriacos Panayiotou non ha mai rinnegato le sue origini greche. Le ha trasformate in radici profonde, anche quando l’Inghilterra dei tabloid voleva che si tagliasse le ali e si cucisse le labbra. Ma George ha fatto di più: ha cantato. E ha sussurrato al mondo una verità che molti avevano paura anche solo di pensare.
💔 L’intimità esposta come arte sacra
C’era sempre qualcosa di struggente nei suoi occhi, anche nei videoclip più patinati. Una nostalgia costante. Come se la felicità fosse qualcosa di fragile, da maneggiare con cura.
Ha cantato la vergogna e la colpa, il desiderio e la perdita, la morte e la rinascita, facendo della sua vita un’autobiografia musicale senza censura.
🎙 Jesus to a Child non era solo una canzone d’amore: era un requiem per il compagno perso, per la giovinezza evaporata, per l’innocenza tradita.
Praying for Time era un salmo moderno, un grido laico contro l’indifferenza e l’ipocrisia.
⚖️ La ribellione non fa rumore, ma segna
George Michael non ha mai cercato lo scontro, ma nemmeno l’ha evitato. È stato processato dalla stampa più di quanto lo sia stato in tribunale. Ma ha risposto con arte. Con Outside, trasformò lo scandalo in liberazione. Con Freedom! ’90, rinnegò lo show business senza rinnegare sé stesso. Scelse la verità, anche quando faceva male.
🧥 “Sometimes the clothes do not make the man”
In un’industria dove tutto è packaging, George strappava l’involucro e mostrava le cicatrici. Senza filtri, senza marketing. Solo bellezza, solo onestà.
🌌 George non è mai morto. È diventato frequenza.
Sta nelle notti in cui ci sentiamo soli e mettiamo “One More Try”.
Sta nei giorni in cui scegliamo di essere noi stessi, senza sconti.
Sta in ogni artista che oggi può cantare d’amore queer senza paura.
George ha spianato il sentiero, ma non ha mai camminato facile.
📚 Se la musica fosse letteratura, George Michael sarebbe Virginia Woolf su un beat funk.
Sarebbe James Baldwin in falsetto. Sarebbe Oscar Wilde con una tastiera Yamaha.
Non era solo sexy. Era sacro.