C’è chi nel rap cerca il clamore. E poi c’è Krayzie Bone, che ha preferito il sussurro, le armonie smorzate, la spiritualità intrisa di dolore. Come un profeta silenzioso, ha camminato tra le ombre del ghetto e le luci del pentimento, lasciando versi che non si ascoltano: si sentono nella pelle.
Nato a Cleveland nel 1973, Anthony Henderson – questo il suo nome all’anagrafe – è stato la voce viscerale e ultraterrena dei Bone Thugs-N-Harmony, il gruppo che ha rivoluzionato il gangsta rap mescolandolo al canto, alla preghiera, all’eco di funerali mai celebrati. In una scena dove tutti volevano parlare più forte, Krayzie ha scelto di raccontare la fragilità . La paura di morire giovani. La speranza di un’aldilà migliore.
Come Tupac, anche Krayzie ha scritto con l’inchiostro dell’esperienza e il sangue della strada. Ma lo ha fatto come chi ha già visto la fine. Nei suoi versi c’è sempre un filo teso tra la pistola e la Bibbia, tra la notte e il perdono. Nei beat ossessivi e nei ritornelli dolenti si nasconde una fede che sopravvive al crimine, alla galera, alla morte.
Con Tha Crossroads i Bone Thugs hanno portato milioni di ragazzi a riflettere su cosa significhi perdere un fratello. Krayzie era la loro voce più alta e più bassa allo stesso tempo: alta nei cieli, bassa nel cuore. Ha sempre rappato come se ogni parola fosse l’ultima. Ed è forse per questo che ogni sua strofa pesa come un testamento.
Oggi, dopo aver superato crisi personali e malattie, Krayzie continua a portare in musica la sua lotta intima tra bene e male. Perché chi ha visto l’inferno non dimentica. Ma può decidere di cantarlo a bassa voce, per farlo diventare un insegnamento.
Autore: Antonio Sacco