3 giugno 1931, Doncaster, Regno Unito. Nasce June Campbell Cramer, destinata a diventare Lady June, un personaggio che sfugge a qualsiasi definizione tradizionale: poetessa, musicista, pittrice, spirito libero. Figura di culto della controcultura inglese, Lady June ha attraversato le scene artistiche di Londra e Maiorca con una forza poetica bizzarra, caustica, profondamente originale.

Non è mai stata famosa nel senso convenzionale, ma ha influenzato artisti, musicisti e outsider per oltre quarant’anni. Un’artista di nicchia? No. Un’artista necessaria.


LA MUSA PSICHEDELICA DI CANTERBURY

Negli anni ’60 e ’70, Lady June diventa un punto di riferimento nella Canterbury Scene, quel movimento musicale che mescola rock progressivo, jazz, psichedelia e poesia surreale. Vive a Maiorca, nella stessa comunità bohémienne frequentata da Kevin Ayers, Daevid Allen (Gong) e Robert Wyatt (Soft Machine). La sua casa-studio diventa un punto di ritrovo per artisti anticonformisti di ogni genere.

Nel 1974 pubblica il suo capolavoro: Lady June’s Linguistic Leprosy, un disco spoken word prodotto da Ayers e Allen, con la collaborazione di Wyatt. Un collage sonoro che mescola voce, musica, nonsense e filosofia lisergica.


UNA POETESSA VISIONARIA

Lady June è l’incarnazione della performance poetica: i suoi testi sono astratti, ironici, colti, a tratti deliranti. Ma sempre lucidi. Porta in scena l’assurdo della vita con l’eleganza di chi non ha mai voluto somigliare a nessuno. Le sue opere pittoriche, spesso ispirate da visioni psichedeliche, completano un immaginario che è al tempo stesso pop e dadaista.

Il suo stile recitativo – teatrale, stralunato, intellettuale – ha anticipato forme oggi riconoscibili nel poetry slam, nell’art rock e nel teatro sonoro.


TRA OBLIO E RINASCITA

Lady June è morta nel 1999, lasciando dietro di sé un culto silenzioso. Oggi le sue opere vengono riscoperta da musicologi, collezionisti e giovani artisti in cerca di ispirazioni fuori dagli schemi. Il suo nome è spesso citato come pioniera del spoken word psichedelico e dell’arte intermediale.

In un’epoca in cui tutto tende a semplificarsi, Lady June resta un esempio prezioso di quanto possa essere potente la complessità. E la libertà.


“I prefer to speak in colors and noises than in formulas and reason.”
— Lady June

🟣 Autore: Antonio Sacco
🟣 Categoria: Controcultura UK, Poesia Sonora, Rock Sperimentale
🟣 Fonti: calyx-canterbury.fr, The Guardian, ProgArchives, Discogs

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